Il Petriccio: mille storie in una sola
Il Petriccio. Chi non abita a Siena, non è nato nella città toscana o, nella peggiore delle ipotesi, non è mai passato neppure una volta, anche di sfuggita, in macchina o con altri mezzi, da Siena, non avrà sicuramente mai sentito questo nome. Certo, il Petriccio non è famoso, non ha una lunga storia alle spalle, non è stato il luogo di eventi significativi, nessun Re o Imperatore si è fermato qui, nessun Santo vi è nato, niente di niente. Allora, giustamente, una domanda potrebbe sorgervi spontanea: perché scrivere un articolo sul Petriccio? Ed ancora: cosa mai ci sarà di così importante al Petriccio? Vi rispondo immediatamente…
Credo che ogni storia, anche la più misera ed insignificante, debba essere raccontata e rispettata, perché in ogni realtà è racchiuso qualcosa di unico e speciale! Esagerato? Non credo: nessuno si sarebbe sognato di andare al Petriccio e di riscoprire la storia, gli aneddoti ed i personaggi che popolano ed hanno popolato il quartiere. Invece vi posso assicurare che ne ho viste e sentite delle belle!
Iniziamo: il Petriccio è un quartiere della zona nord di Siena, uno degli ultimi che si incontrano prima di perdersi nelle campagne senesi. Oltrepassati Porta Camollia e l’Antiporto, proseguendo ancora verso nord, dopo aver superato alcuni quartieri come Marciano o le Terrazze, giungiamo finalmente al Petriccio, stretto tra l’Uncinello e l’Acquacalda.
La prima domanda a cui bisogna rispondere appena si parla di “Petriccio” è: quali sono i confini “geografici” del quartiere? La risposta non è affatto semplice come può sembrare ed i pareri in merito sono alquanto discordanti. C’è chi considera come “Petriccio” solo l’area circostante la piazza Enrico Lachi, davanti alle scuole, e le vie che salgono verso i giardini; altri invece fanno iniziare il quartiere dall’arco del Petriccio Vecchio, fino a via Dante e via Colombini. Vi assicuro che la diatriba è ancora molto viva e lontana dal trovare una risposta chiara e definitiva.
La mia ricerca prende avvio proprio da via Colombini, esattamente dal Bar Giglio.
“Qui siamo all’Uncinello, il Petriccio è più giù” dice Sergio Beligni, indicandomi la strada che prosegue a valle. Gran tifoso del Siena Calcio (la Robur, come più comunemente è chiamata), Sergio mi racconta la sua storia “io abito qui (via Sansedoni) dal 1968 e mi ricordo ancora quando le case non c’erano. Si vedevano solo i campi del Barone Sergardi “.
“Si è vero, ce lo ricordiamo anche noi” continuano i signori Monaco, marito e moglie provenienti dalla Sicilia, “avevamo una tabaccheria e l’abbiamo gestita per tanti anni…ma la cosa che ci ha colpito di più è stata la delinquenza: negli anni settanta ed ottanta abbiamo subito molti furti”. Questo è un tasto dolente che ha sempre fatto associare il nome del Petriccio a quello del Bronx: ma non tutti sono concordi.
“Non credo che il Petriccio sia un quartiere pericoloso o che in passato lo sia stato più di altri” così continua Claudio Guidi. “Devo ammettere che il quartiere è servito davvero molto bene, qui c’è tutto quello che serve. Certo, negli ultimi anni si è vista una crescita esponenziale nel numero di abitanti e sono sopraggiunti molti stranieri (tanti cinesi)”. “La nomea di Bronx è esagerata” come pensa anche Antonio Battaglini, detto “Tonillo”.
Qui, seduto al Bar Poker, nel cuore del Petriccio, Antonio continua a raccontarmi della Corsa dei Ciuchi “la gara si è tenuta dal 2000 al 2009 ed è stata organizzata da noi del Circolo 25 Aprile. La prima volta la corsa si è svolta davanti al bar e poi, successivamente, si è spostata nella piazza Enrico Lachi. Purtroppo, a causa delle nuove regole, abbiamo dovuto interrompere la manifestazione”.
Ancora oggi è proprio il Circolo 25 Aprile il centro del quartiere ed è questo il luogo dove si ritrovano ogni giorno gli abitanti “storici” del Petriccio. Tra di loro c’è Ivan Camilletti, chiamato “Ivan il Terribile”: “Io sono arrivato al Petriccio quando avevano appena finito di costruire le prime case popolari, all’inizio degli anni sessanta: davanti alle scuole (Mattioli), dove oggi c’è la piazza Enrico Lachi, c’era il fosso dello Sclavo. Oltre alle case non esisteva altro, neppure un negozio. Per compare qualcosa dovevamo andare al Bottegone a Palazzo Diavoli.”
Anche Ivan si sofferma poi a raccontarmi dell’eterogeneità degli abitanti del quartiere dove “all’inizio degli anni sessanta c’erano solo ed esclusivamente senesi, provenienti da abitazioni all’interno delle mura cittadine. Ed è in questi primi anni che si è formata una sorta di “grande famiglia” che ha iniziato a vedere i nuovi arrivati (soprattutto negli anni tra il 1964 ed il 1968) come invasori o “stranieri”: si è giunti perfino a risse e scontri. Questo il motivo dell’appellativo di Bronx”.
“Ciò che ha unito gli abitanti del quartiere negli anni settanta ed ottanta è stata la squadra di calcio del Circolo” e, come ho visto direttamente con i miei occhi, ancora oggi il Circolo 25 Aprile rappresenta il vero cuore pulsante del quartiere.
Luca detto “il Pelo”, “l’Ecologico”, chiamato così per la sua spiccata vena ambientalista che lo porta a raccogliere qualunque carta veda per terra, Paolo Caroni detto “il Poeta” e “Bella Mora”, sempre a cantare la famosa canzone “o mia bella mora, no non mi lasciare…”(ma solo se qualcuno gli offre da bere!), sono solo alcuni dei personaggi che popolano o hanno popolato il Petriccio.
Ivan mi racconta tante altre storie che riguardano il quartiere, come quella “della famosa scazzottata (rissa) con la comparsa della Contrada del Nicchio, negli anni 1975-1976, venuta nel quartiere per il consueto giro in campagna” o aneddoti più personali, come quello che riguarda “il primo fruttivendolo del Petriccio, mio padre, che passava tra le vie del rione con il suo carretto, vista l’assenza di botteghe”.
Stranieri, furti, delinquenza: non credo, anzi, sono sicuro che il Petriccio oggi non rappresenti più il Bronx di Siena e che forse non lo abbia mai realmente rappresentato. La simpatia , la gentilezza, la cordialità e l’allegria che si respirano tra le vie del quartiere mostrano tutt’altro.
Il Petriccio non è un quartiere morto.
Ringrazio tutti quelli che ho incontrato durante la mia ricerca e chi si è prestato alle mie domande. Ricordo anche chi, con una semplice dritta od una veloce indicazione, ha reso possibile la realizzazione di questo articolo.
Vi dico la verità: se un giorno dovessi scegliere un quartiere dove abitare, il Petriccio sarebbe una delle mie prime scelte! Consigliato!
Io sono nato a Uncinello (oggi dove sono nato c’è un ristorante), cresciuto al Grattacielo subito fuori Porta Garibaldi e trasferito al Pietriccio (noi si chiamava così, con la “i”) nel 1962. All’epoca era un quartiere popolare, con i relativi pregi e i difetti. Si giocava in strada (il traffico non è mai stato un problema, nelle strade più interne), dove c’era una discreta varietà sociale, che si mescolava tranquillamente. Poi il lavoro e la famiglia mi hanno portato in giro per l’Italia, e sono tornato al Pietriccio, ogni tanto, solo finché era vivo il babbo, che abitava in via Bellarmati…
In questi ultimi anni l’ho trovato parecchio “silenzioso”, i ragazzi per strada non si vedono più… ma forse non solo al Pietriccio.