Influenze senesi nell’arte avignonese: Simone Martini e il Gotico Internazionale

avignoneSu Simone Martini, il più noto esponente della scuola pittorica senese del Trecento, sono stati versati fiumi d’inchiostro, tanta è la sua valenza come figura chiave per comprendere gli sviluppi della pittura trecentesca, a Siena e non solo, tra gli esempi di Duccio, Giotto e l’avanzata inarrestabile del Gotico Internazionale.

Noto per aver mediato tra questi ed altri esempi, Simone Martini si configura come “campione” della raffinatezza gotica a Siena. Si formò nella cerchia di Duccio di Buoninsegna ma aggiunse a questa impronta anche esperienze di diverso stampo, come le novità giottesche e quelle transalpine, visibili nella sua grandiosa Maestà dipinta nel 1312. Qui trionfano le stoffe preziose, le aureole in pastiglia lavorate con punzoni raffinati ed una certa resa realistica degli incarnati e dei sentimenti che già si discosta dal bizantinismo ancora presente nelle opere del suo maestro. Si evidenzia perciò una ricerca autonoma di una cifra stilistica propria, molto vicina a certa produzione transalpina coeva, già orientata verso stilemi gotico cortesi. E’ altresì risaputo che Simone fu un artista viaggiatore. Dopo essersi costruito una chiara fama a Siena, fu convocato dal Cardinale Gentile Partino da Montefiore nel grande cantiere della Basilica francescana di Assisi, dove dipinse squisiti affreschi con Storie di San Martino, dal 1313 al 1318 circa. Qui poté arricchire il suo bagaglio artistico confrontandosi con i pittori della cerchia di Giotto, da cui ricavò una visione prospettica e spaziale più lucida e rigorosa. Si recò poi a Napoli alla corte di Roberto d’Angiò, dove dipinse una grande pala raffigurante San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d’Angiò, soggetto insolito e “profano”. Dal 1318 al 1335 lo ritroviamo a Siena, dove ci lascia alcune delle sue opere più splendide: la meravigliosa Annunciazione ora agli Uffizi, il Guidoriccio affrescato in Palazzo Pubblico e la pala del Beato Agostino Novello.

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Simone Martini – Frontespizio del “Commento di Servio a Virgilio”

In questa sede vogliamo mettere l’accento su di un periodo forse meno noto della vita del pittore, l’ultimo, che lo vide ad Avignone dal 1335 al 1344. Qui, convocato dal pontefice Benedetto XII, fu chiamato ad affrescare alcuni spazi nel meraviglioso Palazzo dei Papi, nonchè la Cattedrale di Notre Dame de Doms. Purtroppo col passare dei secoli sono sopravvissute ben poche tracce di questi ultimi lavori del pittore; restano solamente gli affreschi staccati da due lunette di portali, con le corrispondenti sinopie, che raffigurano  Cristo Benedicente tra Angeli e la Madonna dell’Umiltà tra Angeli e il Cardinale Stefaneschi. Questi affreschi, che risalgono al 1336-1340 circa, si ammirano oggi al Palazzo dei Papi di Avignone.

Le fonti citano tra questi affreschi anche un San Giorgio e il Drago, andato perduto, ma descritto come impressionante per la sua bellezza. Ad Avignone, che al tempo era un punto di incontro nodale per gli artisti, il Martini conobbe anche Petrarca con cui strinse amicizia. Si narra, secondo la leggenda, che sia di mano di Simone un celebre ritratto di Laura, amata del poeta, oggi disperso. Sempre per Petrarca, il pittore miniò nel 1338 circa il frontespizio di un codice, il Commento di Servio a Virgilio (oggi conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano). C’è quindi un avvicinarsi a tematiche non più religiose ma classiche, pagane. In questa delicata miniatura, Servio, il commentatore di Virgilio, scansa una tenda per mostrare il sommo poeta, mentre la scena si svolge in uno spazio verde che si direbbe un prato o bosco, dove possiamo vedere un pastore, un contadino e un soldato, che rappresentano una allegoria dei temi pastorali, bucolici ed epici cantati nell’opera. Ultimo lavoro del pittore senese in Francia fu una piccola e deliziosa tavola di devozione privata, firmata e datata 1342, oggi conservata alla Walker Art Gallery di Liverpool. Vi si rappresenta il Ritorno di Gesù fanciullo dalla disputa nel tempio. Un tema curioso e inedito: San Giuseppe rimprovera il divino fanciullo davanti a Maria, dopo la “scorribanda” del Cristo al Tempio.

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Simone Martini – Cristo rimproverato da Giuseppe

Nel 1344 Simone muore, lasciando però ad Avignone un seguito di pittori che appresero in varia misura la sua lezione. Tra questi il più notevole è Matteo Giovannetti, originario di Viterbo. Con la sua equipe affrescò numerosi ambienti del palazzo papale, tra cui la Camera del Cervo (o del Guardaroba), con scene di caccia e pesca su fondi compatti di verde. Questi esempi fondamentali di pittura profana, tra i primi in Europa, si fondano sulla particolare interpretazione, al contempo idealizzata e veridica, della natura. Nei venticinque anni successivi Matteo Giovannetti, con la sua equipe franco- italiana, decora gran parte del palazzo dei papi.

Purtroppo di questi importanti lavori rimangono solo gli affreschi della cappella di S. Marziale (1343-45), della cappella di S. Giovanni (1347) e di parte della Sala dell’Udienza (1352-53), mentre della più tarda decorazione della certosa di Villeneuve presso Avignone (fondata nel 1356) restano gli affreschi della cappella di Innocenzo VI. In questi cicli Matteo Giovannetti svela un linguaggio maturo, nuovo e complesso, che non è più solo toscano ma ormai pienamente “avignonese”.

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Matteo Giovannetti – affreschi della Camera del Cervo nel Palazzo dei Papi

Nelle Storie di San Marziale l’aulico linguaggio senese, al contatto con la cultura gotica d’oltralpe, è tradotto in uno stile più vivace e corsivo, caratterizzato da una grande libertà compositiva, dal gusto fastoso dei costumi e da un vivace realismo ritrattistico. Nelle Storie di San Giovanni della cappella di S. Giovanni, nei Profeti dell’Udienza e nelle Storie di San Giovanni della cappella della certosa di Villeneuve, invece, prevalgono composizioni chiare e ordinate in cui le figure hanno l’eleganza mondana e la squisitezza lineare di quelle di Simone, le architetture accentuano l’illusionismo spaziale con effetti di trompe-l’œil e i paesaggi sviluppano il naturalismo della Camera del Cervo. Così già alla metà del Trecento ad Avignone le più alte conquiste della pittura toscana si evolvono senza soluzione di continuità nell’arte del gotico internazionale.

Al di là delle influenze dirette sulla pittura boema, francese e catalana del Trecento, gli affreschi di Avignone costituiscono un punto di riferimento essenziale per gli sviluppi successivi della pittura europea.

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Matteo Giovannetti – affreschi della sala dell’Udienza nel Palazzo dei Papi