Il progetto abbandonato per il Battistero
Com’è universalmente noto, il Battistero senese fu edificato in una posizione alquanto “eccentrica”, trovandosi al di sotto delle campate terminali del coro della Cattedrale: è quindi un suo naturale prolungamento, appartenente allo stesso corpo di fabbrica. Dai documenti dell’epoca sappiamo che nel 1317 l’Opera del Duomo decise di ampliare il coro del Duomo con due campate aggiuntive; ma la parete di fondo del coro si ergeva a ridosso di una ripa scoscesa, quindi per sostenere quest’ulteriore exploit architettonico, l’unica soluzione era costruire al di sotto un edificio ex-novo, il cui soffitto potesse sostenere il pavimento delle nuove campate della Cattedrale.
Fu deciso pertanto di costruire un nuovo Battistero, che sostituisse quello preesistente. A capo dei lavori fu posto dall’Opera Camaino di Crescentino, padre di un altro celebre architetto/scultore, Tino di Camaino. I lavori, che furono notevoli per l’epoca in quanto a perizia ingegneristica, vennero ultimati circa un decennio più tardi. Pregevolissimo anche l’interno del Battistero, di cui tutti sanno i nomi illustri che parteciparono ad abbellirlo. A partire dalla prima decade del Quattrocento, si volle arricchire la chiesa del grandioso fonte battesimale, pezzo pregiatissimo ad opera di vari artisti tra cui Donatello e Jacopo della Quercia. Notevoli anche gli affreschi sulle volte e sull’abside a opera principalmente di Lorenzo di Pietro detto “il Vecchietta”.
In questa sede però, vorremmo concentrarci su un lato poco o nulla conosciuto del nostro Battistero, la facciata. E’ noto che nel 1355-1382 si iniziarono i lavori per dotare la chiesa di un fronte marmoreo di straordinaria fattura, che potesse competere con quello della Cattedrale sovrastante. L’incarico fu assegnato a Domenico di Agostino ma i lavori vennero interrotti nel 1382 in maniera piuttosto brusca, con il conseguente risultato di non-finito ancor oggi visibile. Difficile immaginare cosa vi fosse nelle intenzioni dei committenti e dell’artista, se non per una delicata pergamena risalente all’epoca dei lavori, oggi conservata nel museo dell’Opera Metropolitana, che ce ne può dare un’efficace idea.
Dal progetto risulta una facciata tripartita, nel complesso simile a quelle delle cattedrali senese ed orvietana, (da quest’ultima soprattutto pare mutuare la ghimberga rivestita di mosaici e la forte accentuazione verticale) ma diversa da queste ed in generale da moltissimi esempi di gotico italiano, per la presenza di elementi decorativi e strutturali schiettamente transalpini.
L’impianto compositivo della facciata sarebbe stato dominato da un grandioso rosone finemente lavorato, con uno schema semplice di derivazione parigina (ad esempio la Sainte Chapelle). Per tutta la struttura si rincorrono colonnine, guglie, creste di pinnacoli e arcatelle con un effetto che curiosamente ricorda soluzioni adottate nel duomo di Milano. Un’architettura quindi di tipo molto “Internazionale”, come in quegli anni imperante nei territori d’oltralpe ma ben poco adottata in Italia. Altro esempio che ricorda questi schemi ornamentali può ritrovarsi nella facciata occidentale della Cattedrale di Strasburgo. Notevole è anche la coerente integrazione tra elementi scultorei, musivi ed architettonici. Ai lati del grande rosone ad esempio, avremmo trovato secondo questo progetto due statue entro nicchie poste dietro una balaustrata marmorea, secondo uno schema compositivo che rimanda a modelli teutonici, quali ad esempio visibili nella Cattedrale di Mulhausen.
Ciò evidenzia ancora una volta la volontà di espandere il progetto ad una visione di assai ampio respiro, con rimandi all’arte gotica internazionale dei territori europei più all’avanguardia. Un vero peccato che tutto sia rimasto allo stato di progetto, ma questa pergamena è veramente preziosa nel tentare di ricostruire, almeno virtualmente, cosa avrebbe potuto rappresentare questa magnifica facciata del nostro Battistetro.
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