Maurizio Balducci: la Cultura del Saper Fare
Si suol dire, citando un grande artista, che lo scopo dell’arte è quello di scuotere dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni.
È, questa, una massima che da sempre porto con me e che mai viene smentita.
Ho incontrato Maurizio una mattina, nel suo studio. Le sue opere sono disseminate qua e là. Ti guardano e si fanno guardare. Non si può non esserne attratti e soffermarsi ad ammirarle, girarvi intorno, tentare di scoprirne i segreti: siamo colpiti da un pezzo, un INdividuo, gli Art Panel, una libreria a dondolo, poi all’improvviso se ne nota un altro e la nostra attenzione viene subito catturata…
Maurizio, raccontaci qualcosa di te: quando hai iniziato? Che cosa ti ha spinto verso questo percorso?
Ufficialmente ho iniziato nel 2013, quando ho deciso di intraprendere una sorta di viaggio introspettivo. Potrei dire che la scintilla è stata la curiosità di conoscermi percorrendo la via del bene perseguendo l’obiettivo della ricerca della verità.
Tuttavia credo di aver sempre avuto un’indole artistica. Anche nei miei progetti architettonici, infatti, ho sempre cercato di raccontare qualcosa, una storia o una dichiarazione, non credo che il progetto architettonico debba limitarsi a circoscrivere uno spazio.
A questo proposito, trovi che la tua esperienza da progettista e designer e la capacità di sviluppare un progetto di quel tipo ti aiuti nelle tue creazioni artistiche?
Mi aiuta la conoscenza della tecnica ed il metodo che ho acquisito uniti all’apprendimento della trasformazione della materia. Progettare in fondo è un processo mentale che si concretizza con la creazione di una forma che nel mio caso è prettamente empatica che si tratti di una organizzazione spaziale o di una scultura. Sentire dentro per trasmetterlo fuori.
Come nascono le tue opere? Da che cosa trai ispirazione?
Da ogni cosa: dalla vita, dai sogni, dalla Natura, da episodi e dalla passione… ma sopra ogni cosa dall’amore. L’input creativo è ovunque intorno a me. Sono un soggetto a pori aperti.
Da sempre sono affascinato dalla Natura e dalle proporzioni e dall’accostamento dei colori : resto incantato della perfezione della tela costruita dal ragno con l’interrogativo se dotato o meno, come noi umani, di intelligenza simbolica.
E poi dal lavoro manuale, artigianale. Il fuoco della fusione, le scintille di una mola sul ferro o il tornio che gira con l’argilla che si modella con la mano esperta sono sensazioni estasianti. Ne percepisco il pathos, l’energia e la vitalità. E’ un mondo lontano dalle accademie e decisamente affascinante che mi consente di imparare sempre qualcosa.
Tu sei colligiano… il filo a piombo di cristallo presente in molte tue opere richiama proprio questo mondo a cui stai alludendo?
Sono nato a Colle di Val d’Elsa e non posso negare che il cristallo e la sua lavorazione abbiano esercitato su di me un certo fascino. Ancora materia che prende forma plasmata dall’uomo.
Ma il legame al territorio non è l’unico significato dell’elemento che hai notato.
Il filo a piombo, in cristallo, rappresenta la regola. La gravità. E’ un elemento a cui sono molto legato. Potrei dire che è il mio marchio, come una firma.
Il filo a piombo utilizzato dai muratori per erigere una parete verticale è un semplice filo collegato ad un peso che per gravità lo rende teso. Un oggetto geniale nella sua semplicità.
Il Verticalismo, la Regola, la Materia… è questa, in qualche misura, una ricerca della Bellezza?
Credo che il concetto di Bellezza sia piuttosto aleatorio. Non si può parlare di bellezza assoluta perché ogni giudizio sarà sempre inquinato dal gusto.
La mia ricerca personale, tuttavia, mi ha portato a credere in una massima a cui mi attengo, e cioè che la Bellezza sia purezza.
Niente è più bello di ciò che è puro.
Vorrei, Maurizio, che ci lasciassi con un pensiero. Un’aspettativa per il futuro?
Per il futuro… il mio pensiero è un auspicio. Raggiungere la capacità di realizzare qualcosa di bello come un cipresso sulla collina . Allora mi riterrò soddisfatto.
Ringraziamo e salutiamo Maurizio.
Richiudendo la porta dello studio dietro di noi non possiamo evitare di fare alcune considerazioni: parlare con lui ci ha permesso di conoscere un mondo incredibile fatto di lavoro duro ma anche di sogni, di ricerca ma anche di tradizione, di colori e di chiaroscuri.
Le sue opere, semplici e potenti, ti restano dentro anche dopo che le hai lasciate.
La sua schiettezza e la passione nell’esporre il proprio pensiero, nello spiegare, nel raccontare e raccontarsi ha reso la passeggiata attraverso il suo lavoro ancora più magica. Se è vero e sacrosanto che l’arte non si può e non si deve voler spiegare, è altrettanto vero che poter vivere un’opera d’arte con il racconto e le sensazioni di colui che l’ha creata la rende, se possibile, doppiamente viva.
__________Guarda il video dell’intervista a Maurizio Balducci__________
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