Il fotografo del creato: quattro chiacchiere con Tiziano Pieroni
Non sono un professionista, sono solamente innamorato di tutto il mondo naturale. Dio mi ha concesso di vivere in un luogo fatato.
Vorrei iniziare questa breve intervista con una domanda diretta: qual è il motivo che ti spinge a fare fotografia?
Mi sono avvicinato alla fotografia per caso nel luglio 2013. Compro la reflex ed inizio a scattare. Scatti quotidiani che paradossalmente mi fanno estraniare dalla quotidianità. Ti sembrerà assurdo ma per me la fotografia è uno zen. Raggiungo uno stato di pace assoluta che mi permette di inquadrare la realtà e renderla com’è: una nebbia, un raggio di sole un albero sono elementi che vediamo ogni giorno, ma che cambiano, mutano continuamente e io cerco in ogni singolo scatto di evidenziare un attimo diverso. Quando ti svegli alle 4.30 per andare a veder sorgere il sole… certi giorni fa freddo… ma ogni volta è un grande spettacolo. Per me solo in amore puoi sentire lo stesso coinvolgimento.
Come ti sei accostato a questo modus espressivo? Cosa fotografi e in che modo?
Mi potrei definire un ritrattista della natura più che un fotografo. Non ho studiato storia della fotografia e non ho seguito corsi. Tuttavia mi sono appassionato e ho indagato principalmente tre settori della fotografia: la macro fotografia, la minimal e la fotografia ad infrarosso. La macro fotografia è importante soprattutto per i miei lavori sul paesaggio urbano e naturale, mentre la minimal mi permette di addentrarmi soprattutto nel particolare evidenziando la specificità dell’ oggetto in esame estrapolando qualcosa di ancora diverso. Ciò è ben reso dai miei studi sugli animali o sui fiori. Infine la fotografia ad infrarosso mi permette di mettere in risalto sfumature di una realtà altra rispetto al soggetto originario. La bicromia ad esempio esalta alcuni particolari che sarebbero impercettibili ad uno sguardo “normale”.
Come declini l’eleganza del paesaggio toscano in fotografia?
Premetto che ho avuto il grande privilegio di vivere ed essere nato in una parte meravigliosa della Toscana e questo indubbiamente mi ha aiutato nella mia ricerca espressiva. Vivere nella bellezza è una grandissima fortuna, tuttavia è molto semplice cadere nel banale. E allora lotto dolcemente ma tenacemente per andare oltre il modello stereotipato del paesaggio toscano. Scorgo con l’obiettivo nuovi punti di vista e tramite la fotografia rendo evidente un particolare ignoto e tramite lo spettatore rendo vivida l’immagine. Fotografare, accendere un sentimento; ecco il binomio che ricerco e che vorrei venisse fuori dai miei scatti. La raffinatezza del paesaggio viene elevata dall’osservatore altrimenti rimane uno scatto come centinaia di altri. Se non riesci a suscitare un’emozione la foto rimane una scena senza vita.
C’e anche una ricerca sociale ed antropologica nei tuoi progetti?
Devo dire che una possibile ricerca sociale e antropologica è una conseguenza dei miei lavori, un risvolto che sono gli altri a far emergere. Recentemente un mio amico psicologo ha deciso di utilizzare le mie fotografie come attività cromoterapica. Attraverso il colore cerca di far suscitare in ragazzi problematici emozioni del cuore. In ciò io vedo una risposta sociale che mi rende felice per aver aiutato seppur indirettamente delle persone. Un altro ambito di confronto fra me e il mondo è mediato anche dalla danza. Più volte ho fotografato danzatrici di una scuola di Colle val d’Elsa e attraverso il frame di un particolare ho dato rilievo all’espressività inconscia e inaspettata di una persona.
Dal tuo sito web ho estratto questo tuo pensiero: penso che la vita sia un dono e cerco attraverso la mia passione di viverla… Ci spieghi meglio il senso di tali parole e in che modo la fotografia ti permette di assaporare appieno il midollo della vita?
La fotografia mi ha permesso di rendere visibile idee, scorci di realtà (sia urbane che naturali) che avevo già elaborato nella mia mente nel corso della mia vita. Fotografare non è un gesto improvvisato ma deriva da pensieri, viaggi, incontri e scoperte precedenti. Penso che non basti raggiungere solo una tecnica perfetta, ma bisogna cercare di destabilizzare, trasmettere un’emozione attraverso le cose comuni. Oggi siamo bombardati da immagini ma poche accendono il sentimento, forse perchè come ogni arte anche la fotografia necessita di dedizione e preparazione. Anche se non riesco sempre a scattare dei “capolavori”, ogni giorno porto con me la mia reflex e scatto, per cercare di mettere in luce un aspetto sempre nuovo della natura. Devo dire che ciò è reso possibile grazie al supporto della mia famiglia che mi ha sempre sostenuto e mi accompagna simbolicamente in ogni mio viaggio fotografico.
Szymon Brodziak fotografo di fama internazionale afferma: la fotografia è il cancello dell’immaginazione. Concordi con questo pensiero?
Direi di si, soprattutto è un passaggio per suggellare l’importanza del Qui ed Ora, del tempo presente: incastonare nell’eterno un momento preciso e ciò non avviene mai per caso ma attraverso i pensieri e l’ immaginazione di un’ intera vita. Ultimamente sto facendo delle fotografie di storiche piazze toscane, tra le quali la stessa Piazza del Campo avendo come posizione di scatto l’affaccio fisico da una FINESTRA. In questo modo colgo punti di vista e di direzione differenti combinando l’idea di un’apertura immaginativa sempre nuova e diversa rispetto al luogo effettivo dello scatto.Oltre a ciò un prossimo progetto che vorrei poter realizzare è un trekking fotografico che abbia come caratteristica principale un’immersione totale in questo regno magico che è la campagna senese: partire dalla natura per poi andare oltre. Vorrei condividere con la gente un’esperienza pratica che non sia semplicemente fotografare ma una ricerca del luogo e sull’anima dei partecipanti.
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