Il Bene (poco) Culturale del Santa Maria Week
La città di Siena ha da poco terminato di ospitare la prima edizione di “Siena sport week”, manifestazione sportiva e culturale indetta per celebrare lo sport in tutte le sue forme. Da Piazza del campo alla Fortezza medicea si sono alternate conferenze a tema, lezioni di fitness, sfilate, maratone e premiazioni agonistiche in cui sono stati coinvolti 3.500 cittadini provenienti non solo da Siena e dalle regioni limitrofe ma anche da diverse città straniere.
A distanza di una settimana in città ancora se ne parla e dal punto di vista della visibilità questo è certamente un successo. Gli eventi realizzati infatti sono stati un’importante manifestazione sociale dal significato non solo sportivo ma anche culturale, dimostrando quanto lo sport sia fondamentale per la città di Siena, portatrice della cultura della salute col motto “MENS SANA in corpore sano”.
Se però la manifestazione non vuole essere promotrice di meri eventi sportivi, ma ancor più dell’immagine di una Siena “all’avanguardia” in ambito sociale, allora tanti dubbi sono sorti negli storici dell’arte che si sono interessati alle lezioni di fitness tenutesi nel complesso museale del Santa Maria della Scala. Infatti i reportages fotografici hanno testimoniato, in quei tre giorni, uno stato di incuria e scarsa attenzione alla salute della statue e degli affreschi antichi qui presenti. I video effettuati hanno mostrato: casse di risonanza con musica a tutto volume (potenzialmente dannosa per le opere), giacche appoggiate sulle sculture nella sala “Passeggio”, zaini addossati agli affreschi in “Sant’Ansano e San Galgano”, e pericolosi scontri di cross fit e difesa personale fatti accanto ai quadri della sala “San Pio” lasciati senza giusta protezione. Inoltre è noto quanto il sudore possa alterare l’umidità dell’ambiente, che necessariamente deve essere tenuta sotto controllo.
Se da un lato, renzianamente, è giusto “far le cose”, dall’altro abbiamo però il dovere di pensarle e farle bene. Se ci occupiamo in modo serio di valorizzare la cultura non dobbiamo dimenticare che un tipo di cultura (in questo caso sportiva) non può esistere a danno di un’altra (artistica), ma ricordare che queste devono interagire e integrarsi in modo virtuoso senza che una prevalga sull’altra. Se come è stato detto “tutte le misure cautelative sono state prese”, allora gli storici dell’arte si chiedono come siano stati possibili tali episodi di non curanza. Gli stessi si sono anche chiesti come mai le sale non siano state usate ad esempio per conferenze legate alla cultura e storia dello sport a Siena, creando costruttivamente un dialogo tra le due discipline anziché mettere a repentaglio con calci e sudore opere risalenti anche al XIII secolo.
La tutela – anche se inizialmente fa più spendere che guadagnare – è il primo passo verso la valorizzazione, e questo gli “indignados” lo sanno bene. E sanno anche quanto, in un momento storico in cui Pompei crolla, sia stato necessario arrabbiarsi e ribadirlo. Non sono quindi, come molti hanno scritto, il “desiderio polemico” o “l’accademismo bigotto” ciò che ha spinto numerosi studenti e ricercatori a scrivere una lettera aperta di secca protesta al Corriere di Siena, ma la consapevolezza che se venisse arrecato un danno alle opere, l’autenticità e l’unicità delle stesse verrebbero compromesse per sempre, a grave scapito della collettività.
Gli storici dell’arte non si indignano per difendere gli interessi di una categoria che, non avendo un ordine, non possiedono, ma perché avendo studiato proprio l’oggetto a rischio di cui si parla, sanno bene quanto un Beccafumi valga per educare la popolazione al bene e al bello, e in questo non c’è nessun bigottismo.
Quindi ci chiediamo, nel complesso del Santa Maria è semplicemente venuto meno il coordinamento tra gli enti e gli organizzatori preposti oppure, come forse alcuni hanno pensato, c’è stata cecità nella considerazione del bene come oggetto da tutelare prima che utilizzare?
D’altronde, se cosi non fosse, in base a quale principio sarebbe stata data autorizzazione a usare anche altri ambienti non previsti dal comunicato stampa come la “Cappella del Manto” con gli affreschi di Domenico Beccafumi, Cristoforo di Bindoccio e Meo di Pero?
L’evento al complesso del Santa Maria è stato, in conclusione, per come si è costituito, molto più vicino ad un momento di sport fatto in locali non adatti piuttosto che ad una manifestazione “culturale”.
E questo alla missione educativa della città, sportiva e non, fa molto male.
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