Ricordando la Miniera di Mercurio sul Monte Amiata
Nella prima metà del‘900, la miniera di mercurio di Abbadia San Salvatore (Monte Amiata), rappresentava una grande risorsa metallurgica per il territorio italiano. E’ simbolo di un periodo ormai chiuso e di un’attività che ha inciso profondamente sulla cultura e sul modo di vivere degli amiatini.
Della presenza del cinabro in queste terre si sapeva già dall’antichità. Sia gli etruschi che i monaci amanuensi del Monastero del SS. Salvatore lo utilizzavano per la colorazione di affreschi e di piccole miniature. Dopo anni di attenti rilevamenti, l’11 novembre 1898 furono accesi per la prima volta i forni della miniera. Lo sviluppo dei giacimenti mercuriferi fece sì che l’economia iniziasse a ruotare: la disoccupazione scomparve, ma il lavoratore era poco tutelato dal punto di vista infortunistico e salutare.
I minatori si dirigevano in gruppo verso lo stabilimento: l’orario di lavoro veniva scandito dal suono della “corna” (la sirena che indicava l’inizio e la fine del turno). La giornata per gli addetti ai reparti interni, era divisa in 2 “sciolte”; la prima esordiva alle sei del mattino e terminava alle quattordici del pomeriggio, la seconda proseguiva dalle quattordici alle ventidue di sera.

© Louis-garden
Il lavoro notturno era destinato solamente ai curatori dei forni e degli asciugatoi. Una volta giunti in portineria i miniatori attaccavano la “medaglia”, scendevano al livello stabilito, percorrevano le gallerie principali e da qui imboccavano quelle secondarie fino ad arrivare ai cantieri di coltivazione. Purtroppo le condizioni di lavoro erano disagiate: si doveva combattere contro il caldo, la sete e con la polvere che si disperdeva nell’aria a seguito delle esplosioni per l’abbattimento della roccia.
Intanto tutto il minerale veniva spillato dal manovale e caricato nei vagoncini che l’operaio, spingendo a mano, concentrava in determinati punti. Dopodiché, dall’esterno il mulo li agganciava e li trainava. Il cinabro giungeva così al reparto metallurgico che era costituito da strutture in legno. Ma la produzione a ritmo continuo, evidenziò poco a poco la necessità di costruire bacini artificiali le cui acque servissero ad un duplice scopo: quello della “sgoratura” dei detriti lungo il fosso Vivo e l’altro ancor più importante, della produzione di energia elettrica, in modo da poter disporre di una forza motrice adeguata. Questi interventi ebbero effetti molto positivi per il paese, tanto che fu uno dei primi ad adottare l’illuminazione elettrica.
Commenti
I commenti sono chiusi.